domenica 5 giugno 2016

Il più grande errore di calcolo della storia

Sbagliare un calcolo di 120 ordini di grandezza


Immaginiamo di dover risolvere un problema che abbiamo affrontato altre volte con successo, tipo calcolare, al meglio che possiamo, l'area di una superficie di un prato, o di un appartamento. Se è un quadrato o un rettangolo, o un poligono regolare è facile, abbiamo tutti gli strumenti di calcolo che ci forniscono un risultato praticamente esatto. Se è una figura un po' più strana, magari con qualche linea curva, possiamo fare una stima usando delle approssimazioni. Non sarà una misura perfetta, ma siamo confidenti che, se teniamo conto di tutto con sufficiente cura, il risultato non sarà poi tanto diverso dal valore vero. E infatti, se proviamo con superfici anche molto diverse fra loro, scopriamo che il nostro metodo è in genere preciso, e in alcuni casi molto preciso.

Adesso supponiamo che ci diano una nuova superficie da misurare. Non è di quelle facili facili, ma concettualmente il problema non sembra diverso dagli altri già affrontati: si tratta di utilizzare quel metodo, che in tanti casi si era dimostrato valido, anche per questo nuovo caso.

E supponiamo però che, alla fine dei nostri calcoli, il risultato venga sbagliato. Ma non sbagliato in modo comunque accettabile: mostruosamente sbagliato! Ben 120 ordini di grandezza di differenza! Il vero valore era - mettiamo - 1, e a noi invece viene, in base ai nostri calcoli, 1000000000 000000000 000000000 000000000 000000000 000000000 000000000 0000000000 0000000000 0000000000 0000000000 0000000000.

Sembra impossibile vero? Alla faccia dell'errore di calcolo! Penseremmo che deve esserci per forza qualcosa di strano. Qualcosa, in quella nuova superficie, che fa sì che il metodo che avevamo sempre usato non sia affatto applicabile. Qualcosa di cui non abbiamo tenuto conto che rende assurdamente sbagliato il risultato. Ma non può essere qualcosa da poco, perché per sbagliare di 120 ordini di grandezza vuol dire che quel qualcosa che non abbiamo considerato deve essere talmente importante da farci ritenere che manchi qualcosa di assolutamente fondamentale alle nostre conoscenze. 

Può sembrare un problema assurdo per quanto è esagerato, ma è quello che succede ai fisici quando provano a calcolare l'energia del vuoto. Il risultato viene sbagliato di 120 ordini di grandezza. Il più grande errore di calcolo della storia.


Prima di chiederci cosa significhi il concetto di energia per il vuoto, cioè di qualcosa che, secondo la parola, non dovrebbe contenere niente, diciamo che è possibile determinare questa energia da misure astrofisiche e cosmologiche, e quindi per via sperimentale. Questo perché l'energia del vuoto, ovvero l'energia contenuta nello spazio, qualunque cosa ne sia la causa, entra nella descrizione della dinamica dell'universo, influendo sull'espansione dell'universo stesso. Quindi da misure precise su come si allontanano le galassie e su come lo facevano in passato (ovvero quando guardiamo galassie più distanti, che è il modo che abbiamo per viaggiare indietro nel tempo), riusciamo a stimare quanta energia è associabile al vuoto, allo spazio stesso.

La cosa interessante è che nella relatività generale l'energia associata al vuoto corrisponde a una pressione diretta verso l'esterno, ovvero a una forza repulsiva: una forza che spinge via le galassie. E questo è quello che viene effettivamente osservato: le galassie non solo si allontanano fra loro, ma aumentano la velocità con cui si allontanano. La presenza di spazio vuoto fra le galassie produce una forza che le allontana. Più aumenta questo spazio, più le galassie vengono spinte via una dall'altra. Le misure attuali sulla velocità di espansione dell'universo implicano una densità di energia del vuoto di un milionesimo di erg per centimetro cubo di spazio (più o meno l'energia di un singolo granellino di polline microscopico che si muove a una velocità di qualche metro all'ora). Un'energia molto piccola, ma non nulla, e che sommata su tutto lo spazio che c'è fra le galassie diventa un numero importante. Talmente importante da costituire circa il 70% di tutta l'energia dell'universo. In cosmologia l'energia del vuoto è associata alla cosiddetta "dark energy", o "energia oscura". In questo articolo parlerò a volte di energia del vuoto, a volte di densità di energia del vuoto. In realtà intendo la stessa cosa, e il termine corretto sarebbe densità di energia del vuoto.

Il vuoto quindi ha una densità di energia molto piccola, ma tuttavia ce l'ha. Se l'energia del vuoto fosse significativamente maggiore, le caratteristiche dell'universo stesso sarebbero molto diverse da quelle che osserviamo, e noi non saremmo qui, perché non sarebbe stato possibile in passato formare stelle e galassie a causa dell'espansione "troppo veloce" dell'universo. L'energia del vuoto, o meglio la densità di energia del vuoto, per il semplice fatto che esistiamo, deve essere quindi piccola. E infatti misuriamo qualcosa di piccolo.

Appurato questo, adesso però chiariamo cosa vuol dire che il vuoto ha un'energia, e come è possibile calcolarla, per poi confrontare il calcolo con la misura e vedere se il nostro calcolo torna con quello che osserviamo.

Detto così sembrerebbe comunque un'assurdità: il vuoto è vuoto, non c'è niente, e quindi la sua energia sarà zero, verrebbe da dire. Il problema è che il vuoto in fisica è molto diverso da come intendiamo idealmente il vuoto, che è un concetto che in realtà già anche filosoficamente ci da dei problemi a definirlo. Nel mondo della fisica il vuoto è molto più complesso di quello che il nome lascerebbe supporre. La colpa è della meccanica quantistica, senza la quale il tentativo di descrivere i fenomeni microscopici fallisce miseramente.

Il vuoto in fisica è definito come lo stato di minore energia possibile. Anche se riuscissimo ad eliminare tutta la materia, il vuoto, quando lo si osserva su scale spaziali molto piccole, ci apparirebbe come un continuo pullulare di coppie particella-antiparticella, che nascono e muoiono di continuo. Questo fermento di particelle che si manifestano e scompaiono in tempi brevissimi è possibile, anzi è obbligatorio, grazie al principio di indeterminazione di Heisenberg, una legge fondamentale della meccanica quantistica. Il principio di Heisenberg impone a qualunque sistema fisico di non poter avere un'energia determinata con assoluta precisione. Questo significa che l'energia minima di un sistema come il vuoto non può essere rigorosamente zero, come la parola vuoto lascerebbe supporre, ma deve fluttuare attorno allo zero.  Siccome in fisica esistono campi di vario tipo (elettromagnetico, debole, di Higgs, etc) che permeano lo spazio, ognuno di questi campi, anche in condizioni di vuoto contribuirà all'energia contenuta nello spazio con le fluttuazioni attorno al proprio minimo di energia. Queste fluttuazioni sono possibili per l'appunto grazie al principio di indeterminazione.

La densità di energia del vuoto è quindi la media dei contributi di tutti questi processi quantistici, che possono coinvolgere particelle anche molto pesanti esistenti soltanto per intervalli di tempo via via più infinitesimi.

Questi effetti quantistici del vuoto, bisogna sottolinearlo, non sono una semplice teoria, ma sono ampiamente verificati da molti esperimenti. Esiste un fenomeno, che si chiama effetto Casimir, che consiste nella forza attrattiva che si produce fra due piastre parallele nel vuoto, poste a distanza dell'ordine del micron, dovuta proprio agli effetti quantistici del vuoto. Un effetto che è stato effettivamente misurato.

Più in generale gli effetti quantistici virtuali che sono alla base dell'energia del vuoto sono ingredienti fondamentali nei processi della cosiddetta "elettrodinamica quantistica", cioè la teoria quantistica dell'elettromagnetismo. Questa è la teoria fisica che vanta di gran lunga il maggiore accordo fra previsioni teoriche e misure sperimentali, con precisioni che arrivano a una parte su un milione di miliardi. Nessun calcolo, nessuna previsione teorica di un fenomeno fisico, nemmeno tra quelli più banali, è confermato dagli esperimenti a questo incredibile livello di precisione.

In modo analogo, sebbene con precisioni inferiori, ma comunque molto elevate, i calcoli teorici di fenomeni che hanno a che fare con le interazioni cosiddette "elettrodeboli" sono confermati dai risultati sperimentali. In tutti questi casi, per effettuare calcoli accurati che combacino con le misure molto precise degli esperimenti, si deve tenere conto di questi subdoli effetti quantistici. Senza di essi le previsioni teoriche sarebbero sballate. E tutto questo ci rende confidenti del fatto che questa descrizione apparentemente fantasiosa e stravagante delle proprietà quantistiche del vuoto è quantomeno appropriata.

In sostanza quindi i fisici dispongono di uno strumento di calcolo (la teoria quantistica dei campi) estremamente preciso, e che è stato testato con grande accuratezza in molti problemi di tipo diverso in cui è necessario considerare gli effetti quantistici dell vuoto. E' l'analogo del nostro sistema per calcolare le aree: abbiamo provato ad applicarlo a tante superfici diverse, e l'accordo fra teoria e esperimento è stato sempre elevato, in certi casi estremamente elevato, e questo ci da sicurezza sulla validità del metodo di calcolo.

E quindi i fisici, forti di questi successi, applicano questo strumento di calcolo per determinare matematicamente l'energia del vuoto, cosa che equivale a sommare le energie minime (si chiamano energie di punto zero, in gergo) di tutti i possibili campi esistenti. Il problema però è che più le vibrazioni dei campi hanno lunghezza d'onda piccola (corrispondenti a piccole scale spaziali), più hanno frequenza maggiore, ovvero energia maggiore, e quindi contribuiscono maggiormente al computo totale dell'energia del vuoto. E se si ammette che lo spazio-tempo possa avere dimensioni piccole quanto ci pare, la somma dei contributi di tutto questo pullulare di particelle-antiparticelle con frequenze-energie grandi fino all'infinito diventa un numero infinito. Ovvero il vuoto dovrebbe avere un'energia infinita, in netto contrasto con l'energia piccola, sebbene non nulla, che osserviamo.

Però i fisici suppongono che sotto certe distanze molto piccole, per le quali la forza di gravità diventerebbe essa stessa determinante, la struttura stessa dello spazio tempo perda di significato, e quindi non si possa parlare di dimensioni spazio-temporali infinitamente piccole. Bisogna fermarsi ad un certo punto, ad una scala di distanze minima che si chiama "scala di Planck", oltre la quale il concetto stesso di spazio e tempo smettono di valere. Però questa è una magra soddisfazione, perché anche ammettendo che sotto la distanza d Planck non abbia più senso parlare di distanze, la somma dei contributi di questi campi su scale spaziali così piccole darebbe comunque al vuoto un'energia enorme: 120 ordini di grandezza più grande di quanto misurato. 

Questa differenza spropositata fra l'energia del vuoto misurata e quella calcolata è spesso chiamata il problema della costante cosmologica, oppure la catastrofe del vuoto. Essa si può sintetizzare con il fatto che da un lato constatiamo, con le osservazioni sperimentali sul moto delle galassie e sull'evoluzione passata dell'universo, che la densità di energia del vuoto è molto piccola. E d'altra parte se non fosse così noi non potremmo esistere, perché il fatto che il vuoto abbia una densità di energia non nulla implica una forza repulsiva nei confronti della materia. E quindi l'universo, con una densità di energia troppo grande, si sarebbe espanso troppo velocemente per permettere la formazione di strutture complesse come le stelle e le galassie. D'altra parte, utilizzando la meccanica quantistica, cioè lo strumento di calcolo più efficace e predittivo che abbiamo per studiare il mondo submicroscopico, ci ritroviamo una previsione teorica della densità di energia del vuoto che è 120 ordini di grandezza più grande di ciò che misuriamo. E siccome nella scienza le misure contano sempre più dei calcoli teorici, questo ci induce a pensare che in quel calcolo teorico qualcosa non va. Non abbiamo idea di cosa sia, ma di sicuro c'è qualcosa che non è stato considerato in modo corretto.
 
Una possibilità è che esista in natura qualche meccanismo che cancelli perfettamente questi contributi quantistici all'energia del vuoto, in modo da produrre un'energia del vuoto sostanzialmente nulla. Ad esempio un tipo di particelle (sconosciuto) che dia effetti analoghi all'energia del vuoto, ma con segno opposto. Se un meccanismo del genere esiste, di certo non abbiamo idea di quale sia. Ci aveva provato la teoria della supersimmetria, che comunque nella pratica non riesce a cancellare questo effetto gigantesco, e poi, ancor più nella pratica, alla luce degli ultimi esperimenti, sembra che non esista neanche. Non sempre le cose vanno come piacerebbero ai fisici.

Nella teoria dei campi, tuttavia, non sono determinanti le energie assolute, ma le differenze di energia, come accade ad esempio con il potenziale elettrico o gravitazionale, che è sempre definito rispetto a un valore di riferimento. Tanto per capirci, quando ci cade un piatto di mano, e ci chiediamo se cadendo a terra si può rompere, non ci interessa la sua energia potenziale assoluta, che non si sa bene quale sia, ma la sua differenza di energia potenziale rispetto al pavimento. E' quella che causa i danni, e che ha effetto sulle quantità osservabili (nel nostro caso il destino del piatto). Quindi, in linea di principio, è possibile definire in modo analogo una densità di energia di riferimento per il vuoto, uno zero di energia che sia grande quanto i 120 ordini di grandezza, in modo che il risultato sia una densità di energia del vuoto netta sostanzialmente vicina allo zero. Se a un numero spropositatamente grande ci sottraggo un altro numero spropositamente grande e quasi uguale, il risultato è quasi zero. Questo processo in fisica si chiama "rinormalizzazione". In linea di principio uno potrebbe fare lo stesso anche con l'energia del vuoto. C'è però un problema.

Il problema è che questa scelta dell'energia zero, del riferimento rispetto a cui misurare l'energia, e che deve essere tale da rendere praticamente nulla la densità di energia del vuoto, dipende fortemente da tutti quei fenomeni fisici a noi sostanzialmente sconosciuti che avvengono a qualunque scala spaziale infinitesima, fino ad energie spropositamente grandi - la cosiddetta energia di Planck - alla quale la forza di gravità diventa dominante perfino nel mondo microscopico. 

Questa cosa disturba molto i fisici, perché tutta la nostra conoscenza dei fenomeni naturali si basa sul fatto che ciò che avviene a scale molto diverse da quella a cui stiamo lavorando non ha mai influenza. Per capirci, per descrivere le proprietà chimiche di una molecola d'acqua non ci dobbiamo preoccupare di come si muovono le onde del mare che la contiene, né di come i quark contenuti all'interno dei protoni dei nuclei di idrogeno e ossigeno che compongono la molecola stessa stiano interagendo fra loro. Per costruire un palazzo non dobbiamo tener conto di come si muove la terra attorno al sole, né di cosa succede negli orbitali degli atomi del ferro che utilizziamo. E per studiare il moto dei pianeti attorno al sole non ci interessa sapere come si muove la nostra galassia nel superammasso locale di galassie, né di come gli atomi e le molecole che costituiscono i pianeti si uniscano fra loro in molecole. 

Ogni scala di distanza-energia è disaccoppiata dal resto, per cui per studiare un fenomeno ad una certa scala non dobbiamo preoccuparci di ciò che avviene a scale diverse. La fisica è tutto un insieme di teorie "efficaci", come si usa dire, che sono "protette" dalla nostra eventuale ignoranza su quello che può succedere a scale diverse. E' grazie a questo che siamo riusciti a riempire i libri di fisica con gradualità, e possiamo continuare a farlo, senza dover sapere tutto. E' grazie a questo che Newton ha potuto formulare la sua teoria della gravitazione senza nemmeno avere idea di cos'era un atomo.

Nel caso dell'energia del vuoto questo non sarebbe più vero, perché vorrebbe dire che per descrivere il mondo del quotidiano dovremmo preoccuparci di ciò che avviene a energie che si sono presentate soltanto nel primo istante di vita dell'universo, quando l'universo aveva una densità di energia che era 120 ordini di grandezza più grande di quella di oggi, perché la nostra energia di riferimento, quella rispetto a cui misurare l'energia del vuoto, dipende proprio da quelle condizioni estreme e irripetibili. Un problema non degno di nota per quasi tutti ma non per i fisici.





2 commenti:

  1. Intanto volevo ringraziarti per questo bel blog, veramente una bella idea unire articoli di alto valore con altri da schiantarsi dal ridere.
    E in fondo non è un effetto 'nefasto' del web.
    A proposito dell'effetto Casimir, ricordo di averlo letto in un libro che parlava di Suono e Musica dove è citato un fenomeno chiamato 'Sonoluminescenza'.
    Impolsi di onde sonore quindi 'meccaniche' accendono 'bolle di luce' quindi elettromagnetiche, due onde considerate di tipo diverso.
    L'effetto pare generato proprio dal 'vuoto quantistico' che si trova intorno alla bolla che si crea.
    Quindi se ne trarrebbe la cognizione che due energie solo apparentemente 'isolate' o 'diverse' invece non solo interagiscono ma potrebbero perfino essere 'la stessa cosa' ma con due immagini diverse.
    Ne trarrei la conclusione che se qualcosa funziona in un senso, va anche nell'altro, cioè onde elettromagnetiche possano 'modulare' o 'modellare' la materia con la loro 'pressione'.
    Sono potenzialmente giuste queste conclusioni profane a grandi linee?
    O è quello che si capta ma non è affatto così???
    Invece rispetto alla questione delle cose 'separate' se l'energia del vuoto o di punto zero è il grande enigma che dovrete risolvere che potenzialmente potrebbe unificare aspetti che paiono non 'interconnessi' state andando nella direzione che avvalla molti di quelli che poi considerate 'vanegggiamenti' dei vari New Agers.
    Per quanto le loro descrizioni delle varie 'Energie' sia approssimativa, farfugliata, abbozzata, non misurata, non ben identificata con i termini giusti, non sperimentata, loro è da una vita che ritengono che 'ogni cosa sia interconnessa' e che sia impossibile considerare macrocosmo e microcosmo 'separati' nettamente come da una membrana.
    Un pò a seguito del libri Di Fritjot Capra 'Tutto è UNO'
    e infatti l'universo post new age ha immediatamente e vostro malgrado haimè adottato la fisica quantistica non a caso, ma proprio perchè pare 'dare un corpo e sopratutto 'definizioni'' a teorie prima fumose.
    Non solo quantico o quantistico dunque spesso preso in prestito, ma anche il Campo di punto Zero.
    Non è una provocazione la mia tengo a precisare ( non vorrei assolutamente far 'salire il crimine' a nessuno) è solo l'osservazione che la fisica seppur spesso dai profani mal interpretata stia creando un corpo di 'definizioni' alle loro teorie 'di sempre'.
    Come in basso come in alto, tutto è interagente.
    Teorie già presenti nell'alchimia, nelle interpretazioni dei Veda e via dicendo.
    Certo la differenza sostanziale è non da poco ne irrilevante è che voi operate per 'verificare' che le teorie siano esatte mentre loro si affidano unicamente a quella che viene chiamata intuizione o ipercomunicazione.
    Quindi la loro visione è per forza di cose 'approssimativa' e 'vaga' è più equiparabile ad un 'sentire' che ad un 'verificare con esperimenti'.
    Difettando appunto di mezzi strumentali e di preparazione sono 'credenti' di fatto.
    Però devo dire che a volte si ha questa 'impressione' che a volte non diciate cose troppo lontane da quello che in teoria vorrebbero intendere loro pur inquinandolo con cose strampalate e paciughi vari di ogni genere.


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  2. rettifico:
    Fritjot Capra ( fisico teorico) ha scritto" Il tao della Fisica"
    "Tutto è UNO" è di Michael Talbot ( divulgatore scientifico)
    Comunque sono entrambi testi di riferimento per le pseudoscienze.

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